Le nove vite di Alberto Mario Cirese

1: Le patrie culturali


1.4 Cagliari e la Sardegna

 

E' certo che nel sentirsi Alberto Cirese anche sardo, nel suo sentire anche la Sardegna come una delle sue patrie, sia stata decisiva la lunga e intensissima attività di docente all'Università di Cagliari, cominciata nel 1957 e conclusa nel 1972. Ma la 'sardità' di Cirese non coincide con l'esperienza accademica, perché non si esaurisce in essa e non finisce con il suo andare a fare il professore in continente. La rete di relazioni, di interessi, di amicizie intessuta nel quindicennio accademico cagliaritano è rimasta viva e operante nei decenni successivi, negli studi come negli affetti.
"La mia Sardegna infatti, quella che ho studiato amato e per quindici anni anche pendolarmente vissuto, è ormai antica, quasi da archeologia. Comincia, fuori dell’isola, se non con la possente e oscena ingiuria logudorese che un compagno di scuola sardo m’insegnò nella remota infanzia avezzanese, comincia con le pagine che scrissi dal 1952 al 1955 sugli attìttos logudoresi, su Miele amaro di Salvatore Cambosu e su tre documentari cinematografici di Fiorenzo Serra. Poi, il 25 aprile dell’anno appresso, ci fu la prima emozionata notte di nave da Civitavecchia, per il VI Congresso nazionale delle tradizioni popolari che si svolse a Cagliari, Nuoro e Sassari/Alghero: soggiorno breve (fino alla Sagra di Sant’Efisio) ma affascinante per le soste che punteggiarono i viaggi da un Capo all’altro. L’anno dopo, 1957, cominciò l’insegnamento universitario a Cagliari; e cominciò anche lo studio della poesia tradizionale logudorese e campidanese, quello del gioco di Ozieri, e più tardi quello dei pani cerimoniali. Così, per venire al punto, la mia esperienza isolana s’è concentrata sugli aspetti segnici (espressione e comunicazione) della cultura sarda: sapere e fare poetico (mutos, mutettus, battorinas, trintasex, modas ecc.), sapere e fare scultorio (la modellazione dei pani)". Così scriveva nel 2004 introducendo un libro di Giacomo Mameli; e più avanti: "dai mamuthones il pensiero non può non andare a Raffaello Marchi, che primo li disvelò al mondo: e con lui fu una cara amicizia che mi commuove ricordare, così come mi commuovono i nomi che nel libro di Mameli incontro e riconosco e qui alla rinfusa cito, vivi e non più, giovani e vecchi: Mario Ciusa Romagna e Peppino Fiori, Girolamo Sotgiu e Gonario Pinna, Francesco Masala, Gavino Ledda, Giulio Angioni allievo, poi collega e romanziere (ed altri narratori come Luciano Marrocu), Giovanni Lilliu rigoroso sapere ed affettuosa amicizia, Maria Lai e due incontri romani in casa sua e mia stampati nella mente e nel cuore…"
(A. M. Cirese, Introduzione, in G. Mameli, Non avevo un soldo. La Sardegna di ieri, la Sardegna operosa di oggi, Cagliari, CUEC, 2004; il testo di Cirese è ristampato in A. M. Cirese, All'isola dei Sardi, Nuoro, Il Maestrale, 2006).

 

1.4.1 La prima visita
1.4.2 I rapporti con il panorama culturale dell'isola
1.4.3 L'archivio sardo di Cirese trova casa presso l'ISRE



Pane cerimoniale opera di Peppina Solinas, di Simaxis, donato nel 1986 dall'autrice a A. M. Cirese, che ne parla in Pani di Sardegna (2005)

 

 

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